La scienziata se n’è andata serenamente a 103 anni Poche ore prima della morte era al lavoro nel suo studio
Rita Levi Montalcini è morta ieri nella sua casa di Roma. Aveva 103
anni. Ha lavorato ai suoi studi fino alle 21 di sabato sera, nella
piccola camera dove passava gran parte del suo tempo. Ieri poco prima di
pranzo aveva avvertito i suoi collaboratori di non sentirsi troppo
bene, i domestici si sono allontanati per qualche minuto per recarsi in
farmacia, ma al loro ritorno il premio Nobel era già morta. Oggi la
camera ardente al Senato, dalle 13,30 alle 21.00. al Senato.
Parteciperanno il Presidente della Repubblica G Le esequie avranno luogo
il 2 gennaio a Torino in forma privata.
di VITTORIO EMILIANI Con Rita
Levi Montalcini scompare a 103 anni una delle più importanti e
innovative figure di scienziato del nostro tempo, uno dei pochi premi
Nobel italiani, una delle rare donne giunte da noi ai vertici della
ricerca. Lo scrittore Primo Levi, torinese come lei, la definì,
felicemente, «una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di
principessa». Sempre appropriata nel vestire, nell'atteggiarsi, nel
parlare. Quando era senatrice a vita, dall'estrema destra, fra insulti e
derisioni, le giunse l'offerta di un paio di stampelle. «In pieno
possesso delle mie facoltà mentali e fisiche» e «del tutto indifferente
agli ignobili attacchi», avrebbe espletato, assicurò, le funzioni di
voto fino in fondo: non le serviva alcuna stampella. Concluse sferzante:
«A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse "facoltà",
mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli
attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a
sistemi totalitari di triste memoria». Rita Levi Montalcini era figlia
di Adamo Levi ingegnere elettrotecnico e matematico e della pittrice
Adele Montalcini, con una sorella gemella, Paola, pure pittrice e un
fratello maggiore, Gino, anch'egli pittore e scultore. Famiglia molto
stimata in quella Torino dove la borghesia ebraica, colta e impegnata,
aveva un ruolo importante dopo la "parificazione" voluta da Carlo
Alberto. Con una forte moralità che si sposava alla «mancanza di
animosità e ad una naturale tendenza ad interpretare fatti e persone dal
lato più favorevole». Con un laicismo di fondo che rendeva le sorelle
Levi prive di paraocchi, tenaci nel perseguire studi e ricerche. Quando
l'amata governante viene colpita dal cancro, la ventenne Rita decide,
nonostante l'avversa opinione del padre, di iscriversi a Medicina a
Torino. Avrà quale maestro un altro Levi, Giuseppe, padre della
scrittrice Natalia Ginzburg, istologo, e come compagni Salvador Luria e
Renato Dulbecco futuri Nobel, che il professor Levi istrada alla ricerca
col metodo, insolito per l'Italia, della coltura in vitro. Dopo la
laurea, si specializza in neurologia e psichiatria. Di fatto quando cade
sugli italiani ebrei la mazzata delle infami leggi razziali. Comincia
una vera odissea. Espatria in Belgio per proseguirvi le ricerche
neurologiche. Ma nel '40 il Paese è invaso dai nazisti. Rientra
clandestinamente a Torino allestendo un laboratorio prima in casa e poi,
dopo i pesanti bombardamenti, nella campagna astigiana. Lavora già alla
problematica dei centri nervosi che rimarrà per lei dominante. L'intera
famiglia, dopo il '43, fugge a Firenze, di nascondiglio in
nascondiglio, in case di amici, fino alla Liberazione. Con enorme sforzo
fisico e psichico la ricercatrice cede il passo al medico: si occupa di
tutto, anche «portantina e infermiera». Nel dopoguerra il salto
decisivo di qualità alla Washington University di Saint Louis nella
ricerca sui neuroni, sugli agenti della crescita nervosa. Ricerca che,
assieme al biochimico Stanley Cohen, suo allievo, la porterà nel 1986 al
Nobel. Rita Levi Montalcini destina una parte consistente del premio
alla costruzione di una nuova Sinagoga a Roma, pur continuando a
dichiararsi laica, atea. Ecco un altro carattere distintivo di questo
personaggio straordinario: cittadina del mondo, libera da ipoteche di
tipo teologico o ideologico. Con una eccezionale attitudine al fare,
all'organizzare, ovunque vada: al CNR, alla presidenza dell'Associazione
Italiana Sclerosi Multipla, all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Non c'è campagna umanitaria che non la veda presente e attiva,
nonostante la grave maculopatia che le toglie purtroppo la vista. Eppure
non ha mai cessato, si può dire, di testimoniare presso i giovani la
necessità di non farsi «ipnotizzare» dalla tv, di praticare, assieme
allo studio, sport e giochi capaci di stimolare la capacità creativa.
Fino all'ultimo li ha esortati così: «Pensate al futuro che vi aspetta,
non temete le difficoltà, io ne ho passate molte e le ho attraversate
senza paura».
Alto Adige 31-12-12