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domenica 13 maggio 2012

L'attività estrattiva del porfido



Dalla metà del secolo scorso, accanto all'agricoltura, al commercio del legname e all'allevamento del baco da seta, l'estrazione del porfido rappresentò, per un certo periodo, un'attività di una certa rilevanza .
In precedenza il porfido, prelevato dalle falde di detrito senza far ricorso a cave, era stato occasionalmente impiegato nell'edilizia, per la copertura di tetti o nelle opere di sistemazione dell'Adige.
La grande domanda di perfido giunse pressoché improvvisa in un periodo di crescente attività edilizia in cui si introdusse l'uso di lastricare vie e percorsi pedonali di città. Per questo scopo necessitavano grandi quantitativi di materiale resistente a forte usura meccanica e di facile estrazione.
Ad entrambi questi requisiti rispondevano in maniera eccellente le ignimhriti riolitche prodotte dalle più recenti fuoruscite di nube ardente, quelle cioè che costituiscono - con uno strale potente - la porzione più elevala della piattaforma porfirica.
Sì tratta di rocce altamente resistenti alla compressione (con valori massimi fino a 29 x 104 kN/mq), all'usura ed agli agenti atmosferici, caratteristiche queste che garantiscono la durevolezza delle pavimentazioni con esse realizzate.
Soprattutto però le ignimbriti presentano una compagine strutturale che ne facilita l'estrazione e una scomponibilità che permette in modo singolare l'ulteriore lavorazione del materiale. I depositi riolitici di nube ardente sono infatti contrassegnati spesso da estese e fitte fessure parallele. Queste delimitano lastre di varia grandezza e per lo più di medio spessore, la cui estrazione è relativamente facile anche con procedimenti artigianali.
Le lastre possono essere utilizzate direttamente o venire scomposte in pezzi della misura desiderata. La scomposizione viene eseguita tradizionalmente a mano, sfruttando abilmente il fatto che l'alto contenuto vetroso delle ignimbriti permette alle loro lastre di comportarsi quasi alla stregua di una lastra di vetro. È sufficiente che il tagliapietre scalfisca dapprima una lastra per poterne poi, con qualche martellata sapiente sul retro, provocare la frattura lungo la linea prescelta. Questa conveniente pratica di lavorazione si ripercuote vantaggiosamente su tutta la gamma dell'offerta e sul prezzo di mercato dell'intera produzione.
La cava di porfido più antica della Bassa Atesina - e probabilmente anche dell'intera area vulcanica sudtirolese – fu aperta nel territorio comunale di Laives da Josef Gerber nel 1850. Dal 1850 al 180 egli tenne alle sue dipendenze una decina di operai addetti alla produzione di lastre per marciapiede e trogoli da fontana, dello spessore di 5-10 cm e fino a 5 in di lunghezza e 2 di larghezza.
Inizialmente le lastre venivano smerciate essenzialmente nella città di Bolzano; dagli anni 80 in poi tuttavia arrivarono sempre più numerose le richieste di materiale da lastricazione da città austriache, germaniche e svizzere. Si aprirono allora numerose altre cave e in breve tempo l'area Laives-Bronzolo-Ora divenne il centro dell'estrazione dei porfidi. Tre aziende assunsero a grande importanza in tale attività: quella della famiglia Lentsch fondata a Bronzolo nel 1883, e due d'inizio secolo, l'una gestita dall'imprenditore Flor sul Breitenberg, l'altra da un certo Lunz sullo
Judenberg. A queste si aggiunsero numerose ditte minori, delle quali è ormai difficile individuare il titolare e l'ubicazione.
Non solo lastre, ma sopratutto cubetti e cordonate enumerava il listino d'offerta delle diverse ditte, le quali, il più delle volte, oltre che l'estrazione e l'approntamento dei pezzi d'opera, eseguivano anche i lavori di pavimentazione. Un ulteriore impulso al già fiorente mercato del porfido lo diede la linea ferrata diretta a sud, aperta negli anni 60, benché le tariffe di trasporto fossero qui pressoché doppie rispetto a quelle praticate dalle restanti ferrovie austriache.
Il primo conflitto mondiale ebbe come effetto la perdita degli antichi mercati per cui si rese necessaria la riorganizzazione sulla base di situazioni commerciali completamente nuove. Negli anni 20 la maggior parte delle cave dislocate nell'arca di Laives-Bronzolo-Ora finì in mano a grandi imprenditori italiani, e altre nuove e sempre più grandi se ne aprirono nel Trentino, soprattutto in Val di Cembra, ma anche nella provincia di Bolzano, a Burgstall/Postal e in altre località. L'estrazione dl porfido avvenne allora su scala industriale raggiungendo la massima fioritura a metà degli anni 30, dopo di che iniziò il lento declino che si concluse - per la provincia di Bolzano - nel 1944 e 1.945 con la completa interruzione dell'attività.
Dopo la seconda guerra mondiale l'estrazione del porfido ebbe una ripresa stentata, nel 1954 superò di stretta misura i massimi dell'anteguerra, ma poi la produzione cominciò un'altra volta a calare fortemente e al giorno d'oggi essa è a livelli di molto inferiori a quelli registrati nella provincia di Trento.
Negli ultimi tempi le imprese del comune di Laives dovettero incontrare crescenti difficoltà come si deduce dalle numerose aperture e successive cessazioni di attività. Negli anni 50 esistevano ancora 5 cave, nel 1961 ormai solo due, e nel 1966 finì per chiudere anche l'ultima, quella nei pressi di maso Gampner.
Però le tracce dell'antica attività estrattiva gli appariscenti squarci nei gradoni rocciosi e le estese falde dei detriti ai loro piedi – resteranno evidenti ancora per molto tempo.
Particolarmente numerose sono le cave abbandonate sui pendii tra il Brantental/Vallarsa e il confine di Bronzolo, più o meno sotto i 600 m di quota, e sul costone sud del Breitenberg/Monte Largo tra Hochegger e maso Gampner. Isolata e ormai in gran parte ricoperta dalla vegetazione giace una cava a 750 m di altitudine, sotto la strada per Pietralba, sul costone scosceso verso il Brantenbach/Rio Vallarsa. mentre 1a più ampia - con un esteso e alto fronte estrattivo - è annidata a circa 850 m di quota sul versante nordovest del Breitenberg/Monte Largo.

da La geologia del territorio di Laives in Dal Paese alla città Laives
Paul Stacul. Editore: Cassa Rurale di Laives-Leifers

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