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giovedì 19 gennaio 2012
KOLYA di Jan Sverák
«Kolya» Proiezione al Nuovo Teatro di San Giacomo
Oggi appuntamento con la serie «Prossima fermata: cinema 2012» . L’inizio è alle 17 e il film proposto è la commedia “Kolya”.
scheda KOLYA :
Storia di paternità girata da un papà e dal suo rampollo, Zdenek e Jan Sverák. Sullo sfondo della liberazione della Cecoslovacchia dall’Urss, un uomo scopre l’amore.
Praga, 1988. Frantisek Louka, violoncellista di talento e maturo dongiovanni, è caduto in disgrazia per un equivoco che lo ha reso inviso a un importante funzionario del partito. Si guadagna da vivere suonando il violoncello ai funerali e lucidando le lapidi dei cimiteri. Per arrotondare le magrissime entrate, un giorno accetta la proposta fattagli da un becchino di celebrare delle nozze bianche con una ragazza madre russa che vuole ottenere la cittadinanza cecoslovacca. Louka sposa la donna e intasca il denaro ma, proprio quando la donna parte per raggiungere il fidanzato in Germania, la nonna che le accudiva il figlio muore e le leggi fanno il loro corso portando il bambino fino alla porta di casa di Louka.
L’uomo sarà costretto quindi a prendersi cura del piccolo Kolya, con la complicazione che nessuno dei due parla la lingua dell’altro. Per entrambi sarà l’inizio di un cammino che si accompagnerà a quello della Cecoslovacchia verso l’autonomia e la libertà.
Il film Kolya rappresenta il punto culminante del sodalizio tra un padre e un figlio. Infatti Zdenek e Jan Sverák, rispettivamente sceneggiatore e regista del film, sono padre e figlio. Oltre ad averlo scritto, Zdenek Sverák ne è anche l’interprete protagonista. Vita e arte si fondono, dunque, per dare visibilità a una tematica stringente e attuale, quella del rapporto tra genitori e figli.
Kolya parla dunque di identità e risponde alle domande su che ruolo abbiamo nella società e nella vita; ci interpella a rispondere a una chiamata, soprattutto quando questa viene dal basso e a chiedere attenzione è una creatura indifesa, bisognosa di tutto, a sua volta in cerca di un posto e di una definizione. Il film, maggior successo della coppia formata dall’allora giovanissimo regista/figlio e dallo sceneggiatore/padre, vinse l’Oscar come miglior film straniero e ottenne riscontri positivi ovunque.
Seppe intercettare, all’interno della Storia con la S maiuscola, un cuore pulsante di tenerezza e poesia, e seppe fondere in un unico racconto queste diverse sensibilità, l’attenzione ai grandi capovolgimenti epocali e il palpito dei piccoli stravolgimenti quotidiani, come quello di accorgersi all’improvviso di avere le carte in regola e tutti i numeri per diventare padre.
Frantisek Louka non è semplicemente un dongiovanni. È un uomo maturo che, caduto in disgrazia, ha negato alla vita di accompagnarlo verso una maturazione completa come uomo. Per questo resiste alle richieste della cantante Klara, che da lui pretende di più che qualche incontro fugace, e limita il suo lavoro alla musica da suonare ai funerali e al restauro delle vecchie tombe. Perfino l’amore si riduce a una routine e sembra quindi chiudersi e inaridirsi.
È l’arrivo di Kolya che prima gli scompagina la vita (il bambino ha bisogno di cure e attenzioni sempre, spesso interrompendo le sue manovre di seduzione nei confronti delle varie amanti), poi lo educa sulla necessità delle scelte, infine gli mostra – con tutta la semplicità e la naturalezza del mondo – la bellezza del rapporto privilegiato, perché unico e gratuito, tra un padre e un figlio.
Così Louka, insieme alla paternità, scopre all’improvviso anche l’amore, e coglie finalmente nelle richieste di Klara non le insistenze seccanti di una donna gelosa, ma la legittima pretesa di creare un legame vero e duraturo che non si esaurisca nel piacere di un momento e nel suo ricordo, ma si spalanchi alla vita intera.
a cura di Roberto Parmeggiani
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