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lunedì 23 gennaio 2012
All’aeroporto crisi di «sistema»
PAOLO CAMPOSTRINI
L’aeroporto di Bolzano ha due problemi: il primo è che costa, il secondo è che abbiamo fatto di tutto per farlo costare. Non si è trattato di accanimento, è stato semplicemente applicato uno stile di governo, un tratto «caratteriale» dell’autonomia. In Alto Adige le cose funzionano così: facciamo spazio a Hofer ma anche ai marmi littori, all’ambiente e agli skilift su ogni prato, al dirigismo di Durnwalder ma anche all’antica tradizione «Landlibellista» delle comunità che decidono assemblearmente, come nel cantoni di Guglielmo Tell. È una visione inclusiva e non contrapposta, che in un luogo di contrapposizioni confinarie ha saputo mitigare il potere assoluto di un partito con quello relativo dei territori e delle istanze di base.
Un modello, in sostanza. Che ha funzionato, pur con gravi limiti di democrazia sostanziale, ovunque sia stato amministrativamente applicato tranne che per l’aeroporto. In questo caso le richieste di una frazione territoriale («non nel mio cortile») sono entrate in collisione con quelle complessive (il riposizionamento infrastrutturale di Bolzano) e, soprattutto, con esigenze tecnologiche ineludibili (pista lunga-aerei capienti-voli più economici). Non si tratta di stabilire qui se l’aeroporto serva o meno all’Alto Adige di questa autonomia ma sicuramente questa autonomia è all’origine delle contraddizioni «strutturali» delle scelte politiche connesse all’aeroporto. Chi lo ha voluto (Durnwalder, la giunta, l’economia, la Lub, una buona parte di bolzanini) ha modulato le proprie istanze su quelle di chi non lo ha mai voluto in base ad un modello sostanzialmente proporzionalistico. Si è tentato un colpo di fantasia di tipo benedikteriano sulla falsariga di quello attuato per l’autostrada, altro nodo infrastrutturale in cui si ritrovano gran parte delle contraddizioni emerse sull’aeroporto.
La soluzione, molto andreottiana, è stata la terza corsia dinamica. In realtà a San Giacomo il passaggio era molto più stretto. Tertium non datur: la pista o si allunga o no. Il pasticcio Air Alps è tutto qui. Tanti soldi per girare intorno al problema. Tante piccoli decreti per non fare una riforma. Tante assemblee di ascolto per non ascoltare, alla fine, nessuno. Né i tecnici, né i contadini. Il tratto inclusivo dell’autonomia è stato decisivo per creare un compromesso al ribasso possibile solo per via della grande disponibilità di fondi provinciali.
E’ stato gettato del denaro per un progetto monco. Ed è stata sostenuta Air Alps soltanto perchè era l’unica in grado di potervi convivere ma a prezzo di un costo del biglietto drammaticamente fuori mercato. Che la Provincia sia ora chiamata a decidere in prima persona, assumendosi le proprie responsabilità senza guardare esclusivamente agli interessi elettorali Svp in Bassa atesina, è fuori discussione: sì sì, no no come dicevano i latini.
In realtà la vicenda aeroportuale è una ferdda anteprima rispetto a ciò che ci accadrà negli a venire: l’autonomia non potrà più sostenere la propria tendenza al compromesso servendosi della fin qui pressochè illimitata disponibilità di risorse. Come per gli ospedali di valle la Provincia dovrà scegliere. Voti o no, non ci sarà denaro per tutto.
Lo scalo, per vivere, dovrà essere implementato. Oppure va fatto morire. Ma senza vie di mezzo. San Giacomo è nato dentro uno schema amministrativo comune agli ultimi trent’anni della nostra vita. Ora tutto sta cambiando, tutto è già cambiato.
Alto Adige 23-1-12
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