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domenica 29 gennaio 2012

La mostra degli «artisti di guerra» alle scuole Dante

La visita dell’imperatore Carlo nel 1917 si ricollega oggi al recupero del monumento ai Kaiserjäger 

In questo periodo si sono levate voci per un recupero, nei limiti del possibile, del monumento ai Kaiserj¨ger che fu iniziato durante la prima guerra mondiale, ove oggi sorge il monumento alla Vittoria. Si tratterebbe di metterne in luce almeno le fondamenta, per associare questa memoria asburgica a quella retrostante, inneggiante a Savoia e fascismo, in un amalgama di memorie che depotenziasse i due opposti nazionalismi.
 Può giovare, in quest’ottica, ricordare oggi fatti di 95 anni fa. Nell’aprile del 1917 l’imperatore Carlo con la consorte Zita furono a Bolzano per un giorno. Francesco Giuseppe era scomparso l’anno precedente, la guerra infuriava, ma ottimisticamente si pensava che quello stesso anno sarebbe finita. E così al cimitero militare di San Giacomo si inaugurò una colonna recante in vetta un San Giorgio che uccide il drago, alla cui base gli anni della guerra furono precisati così: “1914-1917”. Accadde lo stesso per un monumento coperto da un tetto ottagonale su colonne al cui interno erano affrescate figure datate dal 1914 al 1917: gli anni d’inizio e dell’auspicato termine di quella che il pontefice definì “l’inutile strage”. Carlo e Zita dopo aver assistito ad una Messa in duomo visitarono la mostra dei “Kriegsmaler” nella Elisabethschule (oggi scuola Dante Alighieri).
 Vi erano esposte 373 opere disegnate, dipinte e modellate dagli “artisti di guerra”, richiamati alle armi ma non per combattere: loro funzione era quella di produrre opere che documentassero il conflitto in corso, con funzioni di propaganda. Per inciso, del comitato organizzatore della mostra faceva anche parte il tenente Hans Piffrader, da Chiusa, futuro artefice del contestato bassorilievo col duce a cavallo che si trova in piazza del Tribunale. Prima di ripartire il Kaiser ricevette separatamente i rappresentanti politici della città. Ai cristiano-sociali e conservatori raccomandò preghiere, perché il Sacro Cuore di Gesù ponesse fine benevolmente ad una guerra vittoriosa. Non espresse lo stesso pio concetto ai liberali, notoriamente anticlericali. Tra le opere esposte figurava anche il modellino del monumento ai Kaiserjäger, del quale un comitato aveva ottimisticamente promossa la costruzione. Il monumento, a base circolare in porfido, era sovrastato da un giro di colonne doriche che nella sua concezione ricordava curiosamente il monumento a Cesare Battisti realizzato in anni successivi sul Doss Trento. Lo avrebbero dovuto ornare le sculture realizzate da Franz Ehrenhöfer, artista proveniente dalla Stiria, ormai bolzanino. Tuttavia il monumento suscitò delle perplessità nel pudibondo “Tiroler” che il 31 maggio ospitò una lettera di commento così articolata: “L’architettura è nobilmente ispirata ed è funzionale allo scopo. Nell’insieme architettonico tuttavia si inseriscono alcune sculture per le quali l’aggettivo’degne’ non è appropriato. Si tratta di un gruppo di grandi dimensioni, le cui figure sono rivolte verso il Talvera. Dovrebbero esprimere l’irresistibile forza che da loro promana. Ma questo concetto non potrebbe essere espresso anche da figure vestite? Certamente. Ma la moda di questi tempi impone che ogni scultura debba apparire nuda. Come tutto, anche questo comportamento si adegua alla moda e nessun contemporaneo intende dissociarsi da questo andazzo”.
 I lavori per la realizzazione dell’opera iniziarono, e sconvolsero un bel parco prospiciente il Talvera, nel territorio comunale di Gries. Ma la guerra non andò nel senso auspicato e il monumento ai Kaiserj¨ger restò incompiuto. Venne invece il fascismo e si progettò in loco un monumento a Cesare Battisti (ma la vedova si oppose), poi ai caduti, infine alla vittoria. In attesa della posa della prima pietra (1926), che sarebbe avvenuta presente il Re, l’unico periodico locale italiano - “Il Piccolo Posto” - riportò le parole del ministro Pietro Fedele che a Bolzano presiedeva il congresso degli insegnanti della Venezia Tridentina: “Oggi per voi giornata di festa. Fra non molto qui in Bolzano italiana noi porremo solennemente la prima pietra del monumento che, per volontà del Duce, sorgerà qui alle porte di Bolzano, che celebrerà la vittoria italiana, che è vittoria del diritto indiscutibile dell’Italia. Questo monumento non sorgerà come un altro monumento per vana e stolta speculazione politica, non sorgerà come monumento di violenza che offenda altre civiltà che noi rispettiamo. Ma sorgerà come l’espressione più pura, l’espressione più genuina dell’anima italiana grata a tutti i martiri, a tutti gli eroi, i quali conquistarono all’Italia i confini che Dio le ha dati”.
 Le statue nude di Franz Ehrenhöfer non videro così mai la luce, ma l’artista ebbe modo ugualmente di esporre la sua arte. Fu cooptato nella decorazione della nuova stazione di Bolzano, dovuta all’architetto Mazzoni (1929), e gli furono commissionate statue che ne ornassero la facciata. Ehrenhöfer scolpì allora due grandi nudi che simboleggiavano la trazione elettrica e la trazione a vapore. Nessuno si scandalizzò e le due statue assolvono tuttora egregiamente al loro scopo.
Alto Adige 29-1-12

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