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domenica 22 gennaio 2012
La lunga storia dell’«Alto Adige» e dei suoi antenati
Il giornale che il lettore di queste righe sta reggendo in mano, ha una storia lontana. Ma per raccontarla è necessario anzitutto definire la provenienza del termine ‘Alto Adige’, che non ha in sé nulla di fascista, come alcuni ritengono. Il ‘Dipartimento dell’Alto Adige’ è infatti di origine napoleonica, e fu introdotto quando Baviera e regno d’Italia (una creazione di Napoleone) si divisero il Tirolo seguendo le linee di quello che allora sembrava un confine linguistico. Nacque così il dipartimento dell’Alto Adige (Haute Adige in francese), uno dei 24 dipartimenti del regno, che arrivava a nord fino a Colma di Barbiano, comprendendo quindi anche Bolzano. Poi venne la restaurazione, il toponimo ‘Alto Adige’ scomparve, ma fu ripreso più avanti dall’irredentismo trentino che non s’identificava nel Tirolo. Ed ecco nascere il primo giornale intitolato a questa nuova realtà geografica e insieme a questa nuova professione politica.
«L’Alto Adige» nacque a Trento il 1º aprile 1886, e si definiva «giornale politico, economico, amministrativo». Nel fondo di presentazione Oss Mazzurana scrisse del periodo di crisi economica che anche il Trentino stava affrontando. «La sorte avversa ci ha disfatto molte sostanze, ci ha distrutto le più fiorenti industrie, e la disperazione ha condotto in America migliaia di nostri poveri contadini». Erano i frutti di una prima globalizzazione, dovuta a «una crisi generale (che) travaglia più o meno tutti i paesi. Le nuove vie di comunicazione, che hanno spalancato le porte alla libera concorrenza, vanno spostando in questo periodo di transizione molteplici interessi; i prezzi di quasi tutte le derrate sono avviliti; i prodotti industriali non trovano sfogo; i capitali, sfiduciati, si accumulano nelle banche e nelle casse di risparmio». Poi il giornale assunse connotati sempre più irredentisti attraverso la via del nazionalismo liberale trentino e si scontrò col dilagare del pangermanesimo (il «Volksbund»). Si susseguirono censure e sequestri, fino all’espulsione dall’Impero del direttore Giuseppe Borghetti, peraltro cittadino italiano e non austriaco, all’inizio del Novecento. Il giornale nel 1894 da trisettimanale divenne quotidiano, era il più diffuso del Trentino (oltre mille copie) ma il 15 maggio del 1915, alla vigilia dello scoppio della guerra con l’Italia, fu chiuso d’autorità.
La testata «Alto Adige» riapparve, ma in una cornice diversa, subito dopo la guerra: uscì infatti con quel nome (1919-1921) una rivista illustrata di contenuto prevalentemente culturale e turistico, con redazione in via della Rena 11 (Raingasse 11) e al prezzo di lire 3,50. Colpisce di questo nuovo «Alto Adige» la conservazione dei toponimi tedeschi. E così castel Roncolo resta “Rungglstein”, il Talvera è la “Talfer”, la passeggiata Lungotalvera si chiama “Wassermauer-Promenade”. In una annessa guida del luglio 1920 si legge che in Alto Adige vi sono «sei ferrovie di montagna: Virgl, Kohlern, Guntschna, Ritten, Mendola e Vigiljoch». Poi sarebbe intervenuta l’opera di «restituzione» dei toponimi all’italiano, promossa dal senatore Ettore Tolomei, ed oggi diciamo: Virgolo, Colle, Guncina, Renon, Mendola e Giogo San Vigilio. Con tutti i problemi che tuttora viviamo, ad iniziare dai cartelli indicatori dell’Alpenverein. L’«Alto Adige» a vocazione turistica chiuse (divenne prima anche organo della sezione altoatesina del Cai) e dal 1927 il compito di informare la popolazione altoatesina lo assunse il quotidiano fascista «La Provincia di Bolzano», soppresso d’autorità nel 1943 dalle autorità naziste, che vararono invece il «Bozner Tagblatt». Ma con la Liberazione, ecco che nelle edicole riapparve, per la terza volta, la testata «Alto Adige». Era il maggio del 1945, a Bolzano erano arrivati gli americani, il giornale nazista aveva chiuso i battenti e tornò il «Dolomiten», che durante il fascismo era riuscito a sopravvivere, allineandosi al regime, ma era stato chiuso a sua volta dalle autorità naziste. E riapparve, per la terza volta nella storia della nostra regione, una testata dal nome «Alto Adige», perché il 24 maggio i lettori altoatesini poterono sfogliare un giornale finalmente libero, edito dal Comitato Nazionale di Liberazione di Bolzano. Il fondo, in prima pagina, recava un titolo significativo: «Ricostruiamo». «Dal primo giorno in cui è cessato il terrore della guerra - si legge - la popolazione italiana chiede soddisfazione per le sofferenze subite durante il dominio nazista, e la popolazione tirolese chiede sicurezza da ogni ritorno ai sistemi fascisti. Responsabile del Governo della Provincia, il Comitato Nazionale di Liberazione ascolta e fa proprie entrambe queste voci solo apparentemente disunite dalla differenza etnica, ma fondamentalmente concordi nell’ideale comune: non più lotte nazionalistiche, non più oppressioni di maggioranza o di minoranza, ma una solidale, profonda collaborazione, perché la vita dell’Alto Adige risalga rapidamente dalle rovine delle dittature alla serenità e all’ordine della pace, in un clima di reciproco rispetto ed autonomia». Da allora sono passati quasi 66 anni.
Alto Adige 22-1-12
Vedi Link: http://www.bolzano-scomparsa.it/
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