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giovedì 12 gennaio 2012

Abbiamo bisogno dei cervelli in fuga


CLAUDIO GIUA

Quattordici anni fa a Santa Clara, California, un giovanissimo matematico padovano salì sul palco di una conferenza internazionale sul World Wide Web a illustrare le sue considerazioni sulle relazioni tra ogni singola pagina online e il resto della Rete. Quegli studi influenzarono in misura probabilmente decisiva l’algoritmo PageRank che è il cuore pulsante di Google Search. C’è chi dice che senza Massimo Marchiori e le sue idee, Larry Page e Sergey Brin non sarebbero oggi ventiquattresimi nella lista di Forbes degli uomini più ricchi (17,5 miliardi di dollari di patrimonio personale a testa) e la loro azienda non avrebbe, con Apple, la fama globale d’essere la più innovativa. Come spesso succede agli innovatori, Marchiori non è diventato miliardario, ha lavorato duro a Stanford e poi a Boston, alla fine è tornato a insegnare all’Università di Padova. Che non sarà Harvard ma è stata fondata nel 1222 quando la terra era ancora piatta e, a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, ha avuto tra i suoi docenti Galileo Galilei, il più geniale innovatore della scienza moderna. Tra un corso e un congresso, Marchiori s’è convinto che, siccome Google ha da tempo smesso di innovare davvero, è venuto il momento della sua seconda chance, che si chiama Volunia ed è un motore di ricerca per il web basato sulle interazioni tra le persone. L’esplosione della socializzazione digitale ha ridotto da sei a quattro i gradi di separazione tra gli esseri umani: partendo da questa constatazione, Marchiori vuole dimostrare che nell’universo delle nuove relazioni interpersonali la rilevanza di un contenuto può essere misurata in modo diverso.
 Può essere misurata in modo più efficiente rispetto alla classificazione di ogni pagina imposta da Google. In altre parole, questa innovazione è figlia dell’innovazione epocale dell’ultimo decennio, costituita da Facebook, Twitter ed epigoni. A finanziare Volunia è Mariano Pireddu, un imprenditore sardo con esperienze nell’Information Technology all’estero. Le macchine su cui “girerà” il motore di ricerca italiano sono quelle di E4 Computer Engineering di Scandiano in provincia di Reggio Emilia, che progetta e realizza sofisticati sistemi di calcolo persino per il Cern di Ginevra. Padova, Oristano, Reggio Emilia. Ma anche Vipiteno, Fiorano Modenese, Montecorvino Pugliano, pochi dipartimenti universitari a Pisa, a Pavia, a Trieste, un pugno di laboratori privati. Qualche settimana fa il Sole 24 Ore ha distribuito un agile volumetto con cento storie di innovazione in Italia. Vera e presunta. Perlopiù quelli raccontati sono ordinari episodi di riduzione di costi e di mantenimento dei mercati grazie al massiccio ricorso alla digitalizzazione dei processi; ci sono alcuni casi di rivoluzioni obbligate, perchè la crisi finanziaria mondiale e la sua recente accelerazione hanno creato “buchi” di opportunità inattesi e senza repliche; un paio di vicende riguardano imprese nate da innovazione pura, tanto coraggiosa quanto originale. Perché l’innovazione è rischio, non nasce dal nulla e quasi sempre è una combinazione di capacità, fiducia e incoscienza, ha bisogno di idee dirompenti e di qualcuno che sappia riconoscerle come tali e realizzarle. così da sempre. Leonardo da Vinci si formò a Firenze quand’era la capitale della creatività occidentale e trovò nella Milano degli Sforza, nella Roma papalina e nella Francia di Francesco I chi era disposto a finanziarlo (a condizione che restasse nei solchi già tracciati, cioè quelli delle arti pittorica e bellica: i suoi referenti erano mecenati e condottieri, mica venture capitalist. Le sue invenzioni più anticipatrici restarono dunque solo sulla carta). Dopo gli anni senza costrutto di Silvio Berlusconi - che, pure, alcune ere geopolitiche fa era stato un innovatore del marketing televisivo -, il governo Monti può creare le condizioni necessarie al cambiamento e alla crescita, humus senza il quali non si innova. Il timore è che la politica - quella trasversale che tutela se stessa - non glielo consentirà. E Dio sa quanto l’Italia abbia bisogno di dare spazio a tanti altri Marchiori, pur nella consapevolezza che pochi riusciranno ad imporsi.

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