Informazioni personali

Il presente sito non costituisce testata giornalistica, non ha, comunque, carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità dei materiali ivi contenuti. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7.03.2001

giovedì 28 giugno 2012

«Mio marito si gioca tutto, un incubo»


Una moglie bolzanina fa appello alla politica: è una malattia, bisogna aiutare chi ne soffre. «Fermate questa follia» 

Di seguito riportiamo una lettera di Chiara, una moglie bolzanina. Il nome, scelto da lei, è ovviamente di fantasia. Chiara è una moglie, una madre, disperata perché il marito è malato di gioco, ma al contempo è speranzosa che lo si possa aiutare. E che forse possano servire queste sue parole, scaturite dalla pubblicazione, sul nostro giornale, di un manifesto della campagna della Junge Generation Svp, nata per sensibilizzare sul gioco d’azzardo. Il manifesto ritrae un bimbo, triste, quasi in lacrime, che dice: Papà, non giocarti il mio futuro.  «Mio marito è un uomo razionale, ha una discreta cultura, è un bravo marito, un bravo papà, un bravo ed onesto lavoratore. Per mesi è "normale". Poi... clic... un giorno altrettanto normale, un giorno senza problemi più gravi del solito, un giorno di lavoro come un altro. Un giorno senza un motivo apparente il cervello va in tilt e tutta la razionalità svanisce. Prende il sopravvento il msotro. In un attimo, dopo un caffè, una macchinetta divora non solo il resto del caffè, ma anche una giornata di lavoro e, perché no, un mese di lavoro, e perchè no, anche i soldi per pagare le spese e i normali debiti, e perchè no, anche i risparmi per le ferie. Quest'uomo ora vede davanti a sé non più i simboli che girano vorticosamente. Non ha più denaro da inserire. Sono fermi. Allora si sovrappone l'immagine di una campagna di sensibilizzazione di un gruppo giovanile di madrelingua tedesca, con il visetto di un bimbo che chiede al padre perché abbia giocato il suo futuro... A quella foto, a quel visetto, si sovrappongono ora i visetti dei suoi figli... Quest'uomo ora prova schifo per se stesso, non riesce a capire come la sua intelligenza e la sua razionalità siano svaniti in un attimo. Non cerca scuse, cerca motivi. E cerca aiuto, così decide di rivolgersi a chi possa aiutarlo. Un piccolo passo, un piccolo merito. Chiara resterà con lui e lo aiuterà, non prova schifo per lui, non lo giustifica e non prova a difenderlo. Ma conosce il bello di quell'uomo, sa come è quando il mostro dorme e vuole aiutarlo a liberarsi da lui. Insieme, per la loro famiglia. Cosa c'entro io in questo? C'entro, come c'entriamo tutti. Sono tanti come lui, come lei. E io non capisco. Mi è stato insegnato che il buon padre di famiglia ha amore innato e protettivo per i suoi figli. E mi è stato insegnato che lo Stato è il padre, ed i cittadini sono i suoi figli. E quindi non capisco come un padre possa incentivare qualcosa di potenzialmente pericoloso! "Siate prudenti", "gioca responsabile" dicono... ma come può essere responsabile l'azzardo? Se una cosa è "azzardata" non è per proprio significato responsabile! Cosa diremmo se vedessimo un padre dare le chiavi della 230 cavalli di cilindrata ad un figlio di sedici anni e dirgli sii prudente? Come minimo, che è un pazzo incosciente! Stato e politici vi prego ascoltate. In questo momento in cui si chiedono sacrifici, l'altare del gioco è un sacrificio troppo grosso per risanare il debito pubblico. Non è il modo giusto! Se il denaro perso dai giocatori fosse tolto allo sperpero... ma il denaro viene tolto alle famiglie, alla spesa, ai bambini! Il buon padre di famiglia si toglie il cibo di bocca per sfamare i suoi figli, non il contrario! Non assolvo i giocatori, però riconosco oggettivamente che si tratta troppo spesso di una malattia compulsiva. Non si può semplicemente pensare che basta decidere di non giocare. Non è così semplice, è come pensare che la depressione non esista, che basti pensare positivo. Sono malattie, e non vuol dire giustificare, vuol dire rendersi conto che vanno curate. Se toccano le persone che amiamo non chiudiamoci nel silenzio, non isoliamoli, parliamo, cerchiamo di aiutare. Cerchiamo di fare rumore! Se lo Stato non interviene, cerchiamo dove possiamo di intervenire noi, perché i giocatori non sono reietti, sono malati».(da.pa)
Alto Adige 28-6-12

Nessun commento:

Posta un commento